isolamento affettivo

Isolamento affettivo: che cos’è e come reagire

Almeno una volta è successo ad ognuno di noi di aver usato la strategia dell’isolamento affettivo, una sorta di strategia che reprime o allontana i problemi traumatici credendo di poter stare meglio. Infatti si stima che l’isolamento affettivo sia una delle strategie psichiche più diffuse nella società odierna. Ma vediamo più in dettaglio di che cosa si tratta e come reagire a questa patologia.

Che cosa si intende per isolamento emotivo e chi lo teorizzò?

La teoria sull’utilizzo comune di questa sorta di meccanismo di difesa chiamato “isolamento emotivo” fu pensata e esplicata dal famoso psicoanalista Sigmund Freud, verso gli inizi del XX secolo.

Esso si tratta di un meccanismo che ha lo scopo di sopprimere una determinata sofferenza post-traumatica cercando di isolare quasi completamente un evento traumatico avvenuto, cercando di cancellarlo dalla coscienza e quindi dimenticandolo, ma in realtà sarebbe più corretto dire “fingendo” di dimenticare.

È già perché in realtà applicando questa strategia, non facciamo altro che illudere noi stessi di aver cancellato o addirittura aver superato un problema, ma in realtà esso è sempre presente, o semplicemente si ripresenterà.

Questa strategia psicologica potrebbe magari risultate efficace in situazioni di lievissime problematiche, in modo tale però da rimanere sani. Ma se cerchiamo di usarla in situazioni che ci toccano in modo più profondo, in situazioni che alterano parecchio le nostre emozioni interne, non può affatto funzionare, anzi può solo che peggiorare la situazione.

Che cosa si rischia usando la strategia dell’isolamento emotivo?

Il rischio dell’uso eccessivo e quotidiano di questa strategia, non è altro che l’atto di cronicizzare la nostra personale sofferenza, ottenendo quindi il risultato opposto a quello voluto. Cercare quindi di attuare una dissociazione tra ciò che è accaduto e ciò che di conseguenza proviamo in relazione ad esso, può sviluppare con maggiore possibilità diversi tipi di patologie psicologiche, quali il disturbo post-traumatico da stress, l’ansia, la fobia sociale e l’evitamento.

Di solito questo meccanismo è attuato dalle persone che hanno dipendenze, cercando di minimizzare infatti l’impatto del loro comportamento ma rafforzando la dipendenza. Oppure viene utilizzato anche in caso di perdita di una persona cara, con l’intento di far finta di niente fingendo che non pensandoci più e sbarazzandoci di sentire ciò che proviamo, risolva effettivamente la situazione illudendosi.

Anche i bambini spesso tendono ad isolare le proprie emozioni, a causa dell’abbandono emotivo da parte dei genitori, i quali si mostrano sempre freddi e mai presenti per loro. Ad un certo punto i bambini smettono di riporre fiducia nei loro genitori e quindi smettono di aspettarsi un po’ di affetto.

A questo punto iniziano pian piano a passare dall’isolamento emotivo all’isolamento sociale, smettendo di fidarsi anche degli altri bambini che li circondano, trovando una difficoltà sempre più crescente nel costruire nuove relazioni sane e durature.

Alle persone che attuano questa strategia psichica, li sentirete spesso dire che non è successo nulla e che va tutto bene, minimizzando le proprie emozioni.

Ma che cosa si può fare allora per reagire?

Per reagire e prevenire l’uso dipendente e eccessivo di questo meccanismo psicologico, bisognerebbe innanzitutto imparare ad essere più introspettivi. Bisogna capire che sarebbe assolutamente contro natura reprimere le nostre emozioni, cercando di separarle completamente dalle esperienze che le hanno innescate. Le emozioni infatti fanno parte di noi esseri umani e delle nostre esperienze di vita quotidiana, e non avrebbe senso quindi cercare di isolarle.

Dovremmo imparare ad accettare e soprattutto ad ascoltare quello che noi proviamo dentro. Servirà per conoscerci più a fondo, non esistono delle scorciatoie.


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